Giorni
fa, in un precedente post, accennavo al desiderio di ritornare sul discorso che
Jose’ Pepe Mujica, Presidente dell’Uruguay, aveva pronunciato dalla tribuna del
G 20, svoltosi in Brasile nello scorso mese di giugno.
Sarebbe,
però, presuntuoso e sciocco, da parte mia, se mi proponessi di interpretare o chiosare tali parole,
per cui mi limiterò a riportare la traduzione italiana del suo discorso.
Prima, però,
mi sembra opportuno ricordare che il 77enne Jose’ Pepe Mujica, noto come il “presidente
più povero del mondo”, è la persona che, dall’emolumento di 12.000 dollari mensili,
che gli compete per il suo ruolo istituzionale, trattiene per sé solo 750
dollari (che corrispondono al reddito medio dei cittadini uruguaiani) devolvendo tutto il
resto in aiutp dei più poveri, continua a vivere nella sua
modesta casa in campagna e, quando è libero da impegni istituzionali, si dedica
a lavorare la terra.
Sotto
il profilo economico, l’Uruguay, del quale Jose’ Pepe Murjica è Presidente dal
2010, ha poco più di 3.300.000 abitanti, con un indice di disoccupazione del
6%, un tasso d’inflazione che si aggira sull’8%, ed un prodotto interno lordo
(PIL) che è stato del + 5,7% (nel 2011), del + 3,9% (nel 2012) ed è previsto pari
al + 4% per il 2013.
Infine,
il rapporto Debito/PIL, per il 2012, è inferiore al 55%.
Ed ecco
le parole di Jose’ Pepe Mujica.
“Un grazie particolare al popolo
del Brasile, ed alla sua Signora Presidentessa, Dilma Rousseff.
Grazie anche alla sincerità con la quale, sicuramente, si
sono espressi tutti gli oratori che mi hanno preceduto.
Come governanti, tutti manifestiamo la profonda volontà di
favorire gli accordi che questa nostra povera umanità sia capace di sottoscrivere.
Permettetemi, però, di pormi alcune domande a voce alta.
Per tutto il giorno si è parlato di sviluppo sostenibile e
di affrancare, dalla povertà in cui vivono, immense masse di esseri umani.
Ma cosa ci frulla per la testa ?
Pensiamo all’attuale modello di sviluppo e di consumo
delle società ricche?
Mi domando: che cosa succederebbe al nostro pianeta se anche
gli indù avessero lo stessa numero di auto per famiglia che hanno i tedeschi?
Quanto ossigeno ci resterebbe per respirare ?
Più francamente: il mondo ha le risorse materiali, oggi,
per rendere possibile che 7 od 8 miliardi di persone possano sostenere lo stesso
livello di consumo e di sperpero che hanno le opulente società occidentali ?
Sarebbe possibile tutto ciò?
Oppure, un giorno, dovremmo affrontare un altro tipo di dibattito
?
Perché siamo
stati noi a creare la civiltà nella quale viviamo: figlia del mercato, figlia
della competizione, che ha portato uno sviluppo materiale portentoso ed
esplosivo.
Ma l’economia
di mercato ha creato la società di mercato che ci ha rifilata questa
globalizzazione.
Stiamo
governando noi la globalizzazione oppure è la globalizzazione che governa noi ?
E’ possibile
parlare di fratellanza e dello stare tutti insieme, in un’economia basata su
una competizione così spietata ?
Fino a dove arriva veramente la nostra solidarietà ?
Non dico queste cose per negare l’importanza di
quest’evento, al contrario.
La sfida che
abbiamo davanti è di una portata colossale, e la grande crisi non è ecologica, ma
è politica !
L’uomo non
governa oggi le forze che ha sprigionato, ma sono queste forze che governano
l’uomo … ed anche la nostra vita !
Perché noi non siamo nati solo per svilupparci.
Siamo nati per
essere felici.
Perché la nostra
vita è breve e passa in fretta.
E nessun bene
vale come la vita, questo è elementare.
Ma se la vita
ci scappa via, lavorando e lavorando per consumare di più, il vero motore del
vivere è la società consumistica, perché, di fatto, se si arresta il consumo,
si ferma l’economia, e se si ferma l’economia, spunta il fantasma del ristagno
per tutti noi.
E’ il consumismo
che sta aggredendo il pianeta.
Per alimentare
questo consumismo, si producono cose che durano poco, perché bisogna vendere
tanto.
Una lampadina
elettrica non deve durare più di 1000 ore, però esistono lampadine che possono
durare anche 100 mila o 200 mila ore!
Ma questo non
lo si può fare perché il problema è il mercato, perché dobbiamo lavorare e
dobbiamo sostenere la civiltà dell’usa e getta, e così restiamo imprigionati in
un circolo vizioso.
Questi sono i
veri problemi politici che ci esortano ad incominciare a lottare per un’altra
cultura.
Non si tratta di immaginare il ritorno all’uomo delle
caverne, né di erigere un monumento all’arretratezza.
Però non possiamo continuare, indefinitamente, a lasciarci
governare dal mercato, dobbiamo cominciare ad essere noi a governare il
mercato.
Per questo dico, con il mio modesto pensiero, che il
problema che abbiamo davanti è di carattere politico.
I vecchi
pensatori, Epicuro, Seneca o finanche gli Aymara, dicevano: “povero non è colui
che ha poco, ma colui che necessita tanto e desidera sempre di più e di più”.
Questa è una chiave di carattere culturale.
Per questo saluterò di buon grado gli sforzi e gli accordi
che si faranno, e come governante li sosterrò.
So che alcune
cose che sto dicendo, possono urtare.
Ma dobbiamo
capire che la crisi dell’acqua e del clima non è la causa.
La causa è il
modello di civiltà che abbiamo messo in piedi.
Quello che
dobbiamo cambiare è il nostro modo di vivere!
Appartengo a un piccolo paese, dotato di molte risorse
naturali.
Nel mio paese ci sono poco più di 3 milioni di abitanti.
Ma ci sono anche 13 milioni di vacche, tra le migliori al mondo, e circa 8 o 10
milioni di meravigliose pecore.
Il mio paese è un esportatore di cibo, di latticini, di
carne.
E’ una pianura e quasi il 90% del suo territorio è
sfruttabile.
I miei compagni lavoratori, hanno lottato molto per ottenere
le 8 ore di lavoro.
Ora hanno conseguite le 6 ore lavorative.
Ma quello che lavora 6 ore, poi cerca il secondo lavoro, per
cui lavora più di prima.
Perché? Ma perché deve pagare una quantità enorme di rate:
la moto, l’auto, e paga una rata ed un’altra e un’altra ancora, e quando decide
di riposare … è oramai un vecchio reumatico, come me, e la vita gli è volata
via.
E allora uno si deve porre una domanda: è questo lo scopo
della vita umana?
Queste cose che
dico sono molto elementari: lo sviluppo non può essere contrario alla felicità.
Lo sviluppo deve
favorire la felicità umana, l’amore per la terra, le relazioni umane, la cura
dei figli, l’avere amici, l’avere il giusto, l’elementare.
Perché il tesoro
più importante che abbiamo è la felicità!
Quando lottiamo per migliorare la condizione sociale,
dobbiamo ricordare che il primo fattore della condizione sociale si chiama
felicità umana!
Grazie !”
4 commenti:
Discorso epico nella sua semplicità e nelle verità che esprime.
Dobbiamo diffonderlo perché la gente deve riflettere.
Sono convinto che, come me, la stragrande maggioranza delle persone non solo non conosce questo discorso, ma non sa neanche che esistono politici come il presidente Josè "Pepe" Mujica che operano veramente per il bene del paese che amministrano.
Grazie Alex per avercelo fatto conoscere: è una boccata di aria pura nel putridume in cui siamo immersi.
Grazie a te, Valentino, per averlo letto !
Ogni tanto ritorno a leggere queste stupende parole e ti assicuro che ogni volta le apprezzo di più.
Ti saluto con una stretta di mano !
Condivido in pieno e mi piacerebbe stringere la mano a una persona che capo di un governo si esprime contro corrente. Siamo in molti a pensare come lui e lui è il nostro portavoce. Stefano Zambon
La ringrazio per il Suo commento che condivido in ogni parola.
E' uno dei post di questo mio blog che rileggo ogni volta che, purtroppo, ascolto dichiarazioni che mi deprimono per la loro insensatezza e per la loro distanza dai problemi reali del genere umano.
Ancora grazie ed un cordiale saluto
Alessandro Visciani
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