A sette settimane dal
voto lo scenario politico italiano è più che mai caotico.
Ancora troppi i nodi da
sciogliere prima che gli italiani abbiano ben chiaro, finalmente, quali le
alternative politiche tra cui scegliere, quali i loro programmi e quali individui
andranno ad occupare gli scranni in Parlamento.
Ma è anche un’incognita,
non certo di poco conto, sapere chi potrebbe avere una maggioranza autosufficiente
per salire a Palazzo Chigi.
Confusione ed incertezze
regnano sovrane, alimentate, sempre più, da un clima da tutti contro tutti, e
dal solito e desolante mercatino delle alleanze, delle candidature e finanche
dei simboli.
Più defilato, almeno
fino ad oggi, sembrerebbe Bersani che, confidando nei sondaggi che lo davano in
testa, prima di Natale, con un buon margine, ha deciso di restare ai bordi del
ring per vedere quale dei suoi avversari finirà knock-out prima del 24
febbraio.
Infatti, sul ring
mediatico sono saliti, per darsele di santa ragione senza esclusione di colpi,
Silvio Berlusconi, riconoscibile dai guantoni di colore azzurro, e Mario Monti,
riconoscibile dai guantoni di colore grigio fumo di Londra.
I colpi di Berlusconi sono
sempre quelli che hanno contraddistinta la sua carriera politica, cioè il
gancio destro, fatto di nuove panzane, e l’uppercut destro, assemblato con le vecchie
favole.
All’angolo, assistito
da due secondi di scuola PdL, Angeluccio Alfano e Sandrino Bondi.
Prima ancora che
suonasse il gong, Berlusconi ha incominciato a menar botte adottando la tattica,
a lui più congeniale, attaccare alla spera in dio, incurante delle sghignazzate
che suscitano i molti colpi portati a vuoto e scontati.
Sostenuto da uno
sparuto gruppetto di tifose invasate, Santanchè, Biancofiore, De Girolamo,
Ravetto, Bernini, tenta di sferrare i suoi ganci fondati su alcune novità dell’ultima
ora: imbroglio dello spread, complotti delle toghe rosse, congiura di
Napolitano, straordinario prestigio personale presso la comunità internazionale,
etc.
Per rafforzare l’effetto
dei ganci ecco che assesta all’aria alcuni uppercut per convincere, gli spettatori,
che la crisi sia solo psicosomatica, che lui faccia un sacrificio personale ad
essere premier ma lo fa solo per amore dell’Italia, che ridurrà le tasse e riformerà
le istituzioni, etc.
Nell’angolo opposto, ad
assistere Monti, due secondi di scuola liberal-vaticana, Lucky Montezemolo e
Pierferdy Casini.
Dopo aver svestito il suo
accappatoio di loden fumo di londra, Mario Monti si è portato al centro del
quadrato.
C’era grande attesa per
veder boxare questo esordiente del ring mediatico.
Molta la curiosità, ma molti
anche i dubbi che, con la sua flemma british,
Monti non possa reggere alle durezze della boxe mediatica.
Prima di salire sul
ring, infatti, i suoi secondi gli avevano raccomandato di boxare senza forzare
i tempi, proteggendosi con una guardia difensiva alta e chiusa, usando, con insistenza,
jab di sbarramento per non dare spazio all’avversario, alternando i jab con qualche
cross preciso, per stroncare l’avversario.
Ci si attendeva,
perciò, una boxe difensiva, con molti colpi jab, basati su riferimenti precisi ai
fondamentali dell’economia, allo sfacelo economico e finanziario ereditato, agli
impegni che Berlusconi aveva continuato a prendere per 18 anni, ma che non era
stato capace di rispettare nonostante abbia vissuti ben 3190 giorni a capo del
governo, come quello di ridurre a 3 le aliquote fiscali o di riformare le
istituzioni, etc.
Invece gli spettatori
sono stati colti di sorpresa.
Infatti, almeno nelle
prime tre riprese fin qui giocate, Monti ha adottata una tattica combattiva ma
di scarsa efficacia, condotta con colpi di humour
molto british, che sono riusciti solo
a far incazzare ancor più l’avversario.
Nella boxe di Monti sono
mancati quei cross, che tutti si aspettavano, sferrati a base di proposte
concrete per rendere credibile la “Agenda
Monti” e realizzare il rinnovamento e la rinascita del Paese, creare
sviluppo ed occupazione.
Più che ad un incontro
di “noble art”, come dovrebbe essere sia un match di pugilato che un confronto
politico, fino ad oggi abbiamo assistito ad una rissa tra esagitati.
Dopo
queste prime riprese c’è solo da augurarsi che, nelle prossime settimane, il
confronto diventi più civile e soprattutto più centrato sulle proposte concrete
per cambiare in meglio il nostro Paese, bandendo ogni forma ipocrita di populismo.
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