Anche di fronte alle grevi ed inquietanti notizie sulla situazione del Monte
dei Paschi, la classe politica non ha saputo evitare di dare la ennesima prova
di insipidezza ed ipocrisia.
È vero che questi sono giorni di campagna elettorale, però ci si attenderebbe
da tutta la classe politica, senza distinzione di colore, maggiore compostezza
e serietà nel commentare avvenimenti che sono fonte di preoccupazione non solo
per quei risparmiatori che hanno affidati a MPS i loro gruzzoletti.
A chi ha avuto modo di operare in Toscana, anche occasionalmente, non può essere certamente
sfuggita la rilevanza di MPS sull’economia senese, ma ancor più l’influenza della
politica nell’orientare i rapporti tra MPS e l’economia locale.
A Siena, sia a livello provinciale che comunale, da decenni sono
insediati esponenti di centrosinistra, oggi identificabile nel PD, che annovera, nel
consiglio della Fondazione MPS, 16 dei 19 membri.
Ad ulteriore conferma dei saldi legami tra MPS e PD, sulla poltrona di sindaco
di Siena, negli ultimi 30 anni, si sono succeduti solo ex-funzionari di MPS,
già segretari locali di CGIL bancari.
Ora, poiché è improbabile ed inverosimile che i dirigenti senesi del PD
non si siano confrontati con i vertici romani del partito sulle scelte da fare
e sulle decisioni da prendere nei rapporti con MPS, Bersani si va coprendo di
ridicolo quando, nel disperato tentativo di tirarsi fuori dal casino MPS,
dichiara “le banche fanno le banche, il
PD fa il PD”.
Bersani, con queste parole, si dimostra, tra l’altro, anche poco generoso
nei confronti dei dirigenti senesi del PD, sui quali sembra scaricare lo
scandalo MPS.
Certo, non è questo il primo scandalo provocato dalle scellerate commistioni
tra politica e sistema bancario.
Ad esempio, nel 2000, Umberto Bossi affidò al leghista Gian Maria Galimberti
l’incarico di creare la banca della Lega, dapprima denominata Banca Popolare
CrediNord e poi CredieuroNord, che nelle intenzioni dei vertici leghisti avrebbe
dovuto far tremare il sistema bancario italiano.
Passarono meno di 4 anni e, nel 2004, la Banca Popolare di Lodi dovette
intervenire per il salvataggio di CredieuroNord, dopo che un’ispezione di
Bankitalia, nel 2003, aveva rilevate gravi disfunzioni gestionali.
I vertici di CredieuroNord, tra cui il vicepresidente Gian Maria
Galimberti, nel 2006 furono condannati al risarcimento di 3 milioni di euro.
Ritorniamo, però, a MPS.
Come poteva una bomba del genere non essere strumentalizzata in campagna
elettorale ?
Così, politicanti delle diverse formazioni in campo, da PdL a Lega, da
Rivoluzione Civile a Fratelli d’Italia, sono subito saltati sulla notizia per
attaccare da un lato Bersani ed il PD e, dall’altro, Monti.
Delle responsabilità del PD si è già detto, per cui soffermiamoci sugli
addebiti mossi a Monti ed al suo governo.
Il primo addebito è di aver regalati a MPS, per il suo salvataggio, 3.9
miliardi di euro, pari a quelli incassati con l’IMU sulle prime case.
Incominciamo con dire che non si tratterebbe di un “regalo”, bensì di un “prestito
oneroso”, per il quale MPS pagherebbe allo Stato un interesse del 10%, cash o
in azioni.
Del “prestito”, comunque, non è stato erogato neppure un euro perché il Ministero attende che
l’Assemblea degli azionisti MPS accetti le condizioni imposte dal governo
Monti.
Inoltre, nei 3.9 milioni di euro è compreso il prestito di 1.9 miliardi di
euro, concesso ed erogato nel febbraio 2009 dal governo Berlusconi con i “Tremonti-bond”,
per cui, di fatto, il prestito concesso dal governo Monti sarebbe di 2.0
miliardi di euro.
Quindi PdL e Lega non hanno alcun titolo per vestire i panni di accusatori,
dal momento che Berlusconi e Tremonti, molto prima di Monti, avevano già concesso il
“prestito” di 1.9 milioni di euro a MPS.
La seconda accusa, mossa al governo Monti, è di non essere intervenuto
per prevenire la crisi MPS.
Siamo ad una vera e propria manipolazione ridicola della realtà.
Dall’11 maggio al 6 agosto 2010, sotto il regno di Berlusconi e Tremonti,
Bankitalia condusse una visita ispettiva a MPS che si concluse con un rapporto nel
quale si parlava di “rilevanze
sfavorevoli”, “azione incerta dei
comitati interni e poca incisività del comitato rischi”, “risk management non riscontra le valorizzazioni
dei fondi hedge e di private equità, né le posizioni detenute dalle controllate
estere”.
Di
fronte a questi pesanti rilievi cosa ha fatto l'allora ministro Tremonti ?
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