Forse sarà l’età che
avanza al galoppo, o forse sarà che ho saturata la mia riserva di tolleranza,
fatto sta che anche oggi mi trovo di fronte a notizie e comportamenti che non
riesco a spiegarmi.
Mi riferisco, ad
esempio, alla querelle che si è accesa dopo la scelta di Monti di candidare al
Senato, in Lombardia, Gabriele Albertini, già sindaco di Milano dal 1997 al
2006, europarlamentare e candidato alla presidenza della Regione.
Dalla stampa apprendo
che la decisione di Monti avrebbe mandato su tutte le furie Bersani, ed i
maggiorenti del PD, che la ritengono una vera e propria dichiarazione di
guerra.
Può darsi che mi sia
sfuggito qualcosa, ma questa mattina mi sono svegliato convinto che in Italia
fosse in corso la competizione per le elezioni politiche del 24 e 25 febbraio.
Così, una volta accertato che
non lo avevo sognato, mi sono chiesto cosa mai ci fosse di così disdicevole nella
scelta di Monti di candidare Albertini, e nella disponibilità di Albertini a
candidarsi con Monti.
Se Albertini non è
stato pestato e minacciato, perché accettasse la candidatura, e se Monti pensa che
di essere in sintonia con Albertini, allora mi sembra che non solo abbia fatto bene, ma abbia fatto benissimo.
Infatti, essendoci in
atto una competizione, è del tutto legittimo che ogni competitor cerchi
di mettere, nella propria faretra, le frecce che considera più valide ed
efficaci per tentare di vincere.
Pretendere che un
competitor rinunci ad una possibile freccia vincente per favorire un avversario,
è una idea bacata oltre che folle.
È vero che, in questi
ultimi tempi, gli italiani hanno dovuto convincersi che anche le partite di
calcio si possano vendere e comprare.
È pur vero che, da
sempre, la politica si trova a proprio agio nella melma degli inciuci.
Però, porca miseria, sarebbe
ora che ci scrollassimo di dosso queste croste di malcostume e
ci impegnassimo tutti per girare pagina, finalmente.
Torniamo, però, all’assurdo
caso Monti – Albertini, e non solo.
Era evidente che, decidendo
di “salire in politica”, Mario Monti sarebbe
entrato nell’agone proponendo la sua agenda di governo, sia al mondo politico
che agli elettori.
Per cui, oggi, non
dovrebbe sorprendere nessuno che l’inserimento di una nuova formazione in un
sistema politico, ingessato da decenni, degradatosi nel tempo ed ammuffito,
avrebbe creato scrolloni non solo nell’elettorato ma anche negli stessi addetti
ai lavori.
Quindi, di cosa sarebbe
colpevole Mario Monti ?
Dovrebbe sentirsi responsabile
per il fatto che la sua agenda di governo ottiene il consenso di persone desiderose
di rinnovare la politica ?
Potrò sembrare
poco decubertiano, però se si decide di entrare in una competizione, lo si fa
anche con la speranza di vincere.
Decisamente antidecubertiani, invece,
sono coloro che, per favorire questo o quello, vorrebbero truccare la
competizione.
Sembra che
sia proprio questa idea a sfarfallare nella
testa di Bersani e dei suoi sodali, secondo i quali Monti avrebbe dovuto rinunciare
alla candidatura di Albertini, per non sottrarre seggi elettorali al PD, in
Lombardia.
Se fosse così, sarebbe
non solo avvilente ma anche inquietante.
Infatti, che lo si chiami inciucio, o accordo sottobanco, sarebbe sempre un imbroglio ai danni sia degli elettori sia della competizione democratica.
Infatti, che lo si chiami inciucio, o accordo sottobanco, sarebbe sempre un imbroglio ai danni sia degli elettori sia della competizione democratica.
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